lunedì 3 gennaio 2011

L'ATTENTATO ALLA COMUNITA' COPTA IN EGITTO: TRA PERSECUZIONE RELIGIOSA E STRATEGIA POLITICA

di Daniel Arbib Tiberi

Il nuovo anno è cominciato in maniera drammatica per l’Egitto: una fortissima esplosione, infatti, ha colpito la Chiesa copta di Alessandria d’Egitto, provocando la morte di 22 persone la cui unica colpa era quella di essersi riuniti per pregare insieme e celebrare il 2011. Immediatamente dopo l’attentato, l’Egitto è entrato nel caos. I copti, simbolo stesso dell’Egitto, sono scesi in strada per manifestare contro il Governo e le discriminazioni che subiscono da parte di una frangia della popolazione mussulmana.
La domanda, a questo punto, sorge spontanea: chi aveva interesse a colpire la Comunità copta e per quale motivo? A questa domanda è possibile dare almeno due risposte di diversa natura.

In primis è bene evidenziare che, la ferita inferta ai copti egiziani, si unisce alle persecuzioni che il mondo cristiano, nelle sue differenti anime, sta subendo nell’intero medioriente: solo per parlare di fatti recenti, in Iraq ed in Nigeria i cristiani sono colpiti praticamente quotidianamente e, solamente dopo numerose proteste internazionali, sembra che i Governi locali si siano decisi a impegnarsi attivamente per la protezione di questa minoranza.

Una seconda risposta è legata, direttamente alla situazione dell’Egitto e alla sua storia recente. Dalla presa del potere di Nasser, è in atto in Egitto una guerra tra il Governo centrale e il movimento dei Fratelli Mussulmani. Negli ultimi anni, un tacito accordo sempre essere stato concordato tra le parti: il Governo non permette alla Fratellanza di eleggere direttamente i suoi deputati, ma questi entrano in parte in Parlamento attraverso liste “amiche”. Ovviamente, l’accordo è fragile e la possibilità di un nuovo scontro è sempre presente: nelle elezioni parlamentari del novembre 2010, ad esempio, i Fratelli Mussulmani hanno boicottato la tornata elettorale e il partito di Mubarak – il Partito Democratico Nazionale – ha, come previsto, ottenuto un largo successo. Nonostante ciò, nel complesso, non sembra che le due parti siano intenzionate ad arrivare a uno scontro frontale. Ciò, soprattutto in considerazione del fatto che, nel 2011, l’Egitto tornerà al voto per eleggere il nuovo Presidente. Hosni Mubarak, nonostante la malattia che lo affligge, non ha alcuna intenzione di lasciare la guida del Paese e, per questo, sta pensando a una sua ricandidatura o sta considerando l’ipotesi di portare al potere il figlio Gamal, magari protetto inizialmente dal capo dei servizi segreti Suleiman.

In questa situazione, quindi, la strategia di al-Qaeda potrebbe rientrare in un tentativo di colpire l’Egitto nel suo complesso: colpire una minoranza importante come quella copta, rompere l’alleanza silenziosa tra Mubarak e i Fratelli Mussulmani e determinare una riprovazione della Comunità Internazionale nei confronti dello stesso Presidente egiziano, potrebbe essere un modo degli islamisti radicali per portare l’Egitto nel caos e determinare lo scoppio di moti di piazze e, nel caso peggiore, di una guerra civile.

Per questo, la reazione del Governo egiziano e della società stessa all’attentato è ora di estrema importanza: la richiesta di “non ingerenza” dell’Imam della Mosche di Al Azhar nei confronti dell’immediata condanna del Papa, deve preoccupare, ma può anche esser letta in chiave nazionalistica. E’, invece, importante notare che, dopo l’attentato, gli stessi Fratelli Mussulmani - da sempre contrari all’ipotesi di un Presidente di fede diversa da quella islamica - sono stati costretti ad accettare l’idea che, un domani, Il Cairo possa essere guidato da un Presidente di fede copta.

Infine, non vanno dimenticate le parole di Mosignor Raboula Antoine Beyluni, espresse al recente Sinodo in Vaticano: “Il Corano dà al musulmano il diritto di giudicare i cristiani e di ucciderli e ordina di imporre la religione con la forza, con la spada”. Sono parole dure immediate che, ovviamente, non rappresentano la Comunità islamica nel suo complesso. E’ bene, però, tenerle sempre a mente e farne tesoro per riflettere sul modo migliore di combattere il fondamentalismo contemporaneo.

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