giovedì 13 gennaio 2011

HEZBOLLAH RITIRA I SUOI MINISTRI DAL GOVERNO: UN CHIARO MESSAGGIO ALLA SIRIA...

di Daniel Arbib Tiberi

Ancora una volta il Libano rischia di precipitare nel caos. Con l’avvicinarsi della sentenza del Tribunale Speciale Internazionale (TSI), presieduto dall’Olanda dall’italiano Sabino Cassese, l’opposizione libanese capitanata da Hezbollah ha fatto muro: i dieci Ministri del Governo legati al “Partito di Dio” hanno rassegnato le loro dimissioni, proprio mentre il Primo Ministro libanese Saad Hariri si trovava negli Stati Uniti per cercare una mediazione americana. Davanti alla probabile condanna di Hezbollah da parte del TSI, i miliziani sciiti hanno chiesto al Premier di sfiduciare il tribunale e di prendere una posizione chiara a favore del movimento islamico.

Hariri, per quanto conciliante, ha rifiutato la proposta di negare la legittimità a chi sta investigando sull’omicidio di suo padre Rafiq e ha tentato, fallendo, di trovare una mediazione tramite la Siria e l’Arabia Saudita.

Come evidenzia Zvi Bar'el su Haaretz, è proprio su questo aspetto della mediazione “mediorientale” che va ricercata la vera motivazione delle attuali scelte politiche di Hezbollah. Rifiutando l’intervento di Damasco e Riyadh, Hezbollah sembra aver lanciato un messaggio chiaro al Presidente siriano Bashir al-Assad: il prezzo per un accordo con l’opposizione libanese deve passare attraverso la via di Teheran, ormai il principale alleato del “Partito di Dio”.

Questa constatazione, a sua volta, indica due aspetti nuovi da tenere in considerazione per il futuro:

1- Ormai il peso dell’Iran in Medioriente si è fatto sempre più pesante. Non è un caso che, nelle scorse settimane, la Guida Suprema iraniana Ali Khamenei ha denunciato pubblicamente il TSI e garantito ad Hezbollah tutto il sostegno di cui necessita;

2- Hezbollah sembra disposto ad accettare il “rischio” che la Siria si trasformi in un “alleato secondario”. A differenza di Hamas che mantiene una sua parte di leadership a Damasco (Khaled Meshal vive proprio nella capitale siriana), infatti, il “Partito di Dio” ha in Nasrallah il suo vertice centrale e nel Libano il suo unico territorio di azione. I recenti progressi ottenuti dall’ala militare di Hezbollah e il supporto di Teheran e della Brigata Qods, in tal senso, sembrano ormai essere diventati sufficienti per i miliziani sciiti. Da Damasco ormai si pretende solo un “supporto indiretto” per il transito degli armamenti che arrivano dalla Repubblica Islamica.

Concludendo, quindi, le scelte attuali di Hezbollah non indicano solamente il rifiuto di accettare i risultati di una lunga investigazione internazionale. Esse rappresentano, soprattutto, un messaggio indiretto agli “amici mediorientali”. Da sempre legato a doppio filo con Damasco e Teheran, Hezbollah non sembra aver gradito il riavvicinamento tra Saad Hariri e la Siria e pare intenzionato a porre Bashir al-Assad davanti alla scelta tra la continuazione dell’“apertura ad Occidente” (e, indirettamente, anche ad una possibile pace con Israele) e la conservazione dell’isolamento “orientale”.

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