
Sinora, com’è noto, le armi e i finanziamenti ad Hamas sono giunti direttamente dall’Iran nella Striscia prevalentemente attraverso due strade: la prima è quella che parte dal Golfo Persico e arriva a Gaza passando per il Sudan e l’Egitto; la seconda è quella che va direttamente da Teheran a Damasco attraverso la Turchia (le armi arrivano al porto siriano di Latakia e da qui raggiungono prima Alessandria e poi Gaza). Non è un caso che, da qualche tempo ormai, l’Iran abbia puntato meno sulla rotta del Sudan perché colpita direttamente dai caccia dell’aeronautica israeliana.
La fine dell’era Mubarak in Egitto e la guerra in Libia, però, hanno determinando un grave impasse nella sicurezza regionale che, secondo lo Shin Bet (il servizio segreto interno israeliano), ha aperto ad Hamas nuove rotte per acquisire armamenti più letali armamenti. Tra questi, il rischio maggiore è che i miliziani islamici ottengano anche dei razzi terra-aria. Un’eventualità pericolosissima che rappresenterebbe una minaccia diretta per gli aerei e gli elicotteri di Gerusalemme.
Come ha messo in luce Avi Dichter, ex capo dello Shin Beth, il Sinai sarebbe diventato una vera e propria zona franca, in cui le autorità egiziane non riescono più a bloccare i trafficanti beduini. Il conflitto in Libia, a sua volta, avrebbe determianto il passaggio di molte armi del regime di Gheddafi nelle mani dei trafficanti libici che, a loro volta, le avrebbero vendute immediatamente ad Hamas.
Mente la marina israeliana continua ad intercettare battelli carichi di armamenti, il timore più grande resta quello che il regime iraniano, dopo l’inizio delle rivolte in Siria, riesca a trasformare la Striscia di Gaza nel suo nuovo deposito di kalashnikov e missili…
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