martedì 3 maggio 2011

LA MORTE DI BIN LADEN: CERTEZZE E RIFLESSIONI

di Daniel Arbib Tiberi

Domenica notte (alle 23 circa negli Stati Uniti) il Presidente americano si è rivolto alla nazione per un discorso urgente sulla sicurezza nazionale: Bin Laden, il creatore di al-Qaeda e il terribile principale responsabile delle stragi dell’11 settembre 2001 era morto, ucciso da un commando dei Navy Seal in una operazione segreta avvenuta in Pakistan, a 50 kilometri dalla capitale Islamabad. Immediatamente dopo l’annuncio, la notizia ha provocato numerose discussioni che, probabilmente, saranno linfa vitale ancora per anni per tutti quelli che amano la dietrologia. D’altronde, anche importanti quotidiani nazionali hanno pubblicato diversi articoli in cui, tutte le contraddizioni dell’operazione sono messe in evidenza, favorendo, indubbiamente, una discutibile speculazione sulla notizia principale.

Cerchiamo, però, di vedere per punti quali sono gli aspetti più importanti dell’”Operazione Bin Laden” e quali conseguenze analitiche è possibile ricavarne.:

1- Bin Laden è morto. Su questo, al di là dalle speculazioni future, non ci sono dubbi. Nessun presidente americano si sarebbe mai esposto in un modo simile davanti alla sua popolazione e davanti al mondo intero senza una certezza assoluta della notizia;

2- La morte di Bin Laden rappresenta un punto a favore della Dottrina Gates, ovvero di coloro che sostengono – come il Segretario alla Difesa americano – una exit strategy dall’Afghanistan (Obama è con lui);

3- Bin Laden è stato catturato in una villa (non molto sontuosa) a 50 kilometri dalla capitale pachistana Islamabad (la località si chiama precisamente Abbottabad). Questa notizia apre a delle riflessioni: che ruolo ha avuto il Pakistan? Ha sostenuto l’operazione come dicono Hillary Clinton e il Presidente pachistano Zardari o è stato completamente all’oscuro di tutto, come invece ha sostenuto Joe Brennan, capo dell’antiterrorismo della Casa Bianca? Probabilmente la verità è quella che racconta Joe Brennan, ma è anche comprensibile che la Clinton abbia cercato di dare un ruolo al Pakistan nell’operazione per ragioni diplomatiche. Zardari, sul Washington Post, ha sostenuto che il suo paese ha fornito informazioni per la cattura, ma certezze ovviamente non ce ne sono. Questa riflessione apre una porta sul ruolo attuale del Pakistan e dei suoi servizi segreti (ISI) nel sostegno ai militanti islamici e ai Talebani: la speranza è che serva ad unire Islamabad e Washington nella lotta al terrorismo e non a dividerli;

4- La rete di al-Qaeda certo non muore con Bin Laden e sicuramente è già pronto il sostituto. Rimane il fatto che il colpo rappresenta un successo simbolico, soprattutto per l’onore degli Stati Uniti (e dei suoi ottimi corpi speciali, dopo lo smacco del tentativo di liberazione degli ostaggi americani in Iran nel 1980). La decisione di “seppellire” il corpo dello sceicco in mare, inoltre, più che da precetti del diritto islamico deriva dalla materiale necessità di tumulare un corpo che ne il Pakistan e ne l’Arabia Saudita (terra di nascita di Bin Laden) – molto significativamente - intendevano ospitare in casa loro;

5- Capitolo Guantanamo: il famoso carcere in territorio cubano doveva essere chiuso da anni. Resta ancora lì e ora si apprende che le informazioni raccolte durante gli interrogatori avvenuti nel carcere sono risultati importanti nell’azione contro Bin Laden (soprattutto quelle fornite da Khalid Sheik Mohammed e da Abu Faraj al Libi). Cosa fare ora? Chiudere o non chiudere? La risposta, certamente, dovrà essere politica, ma indubbiamente non potrà non tenere conto di quanto accaduto;

6- Le reazioni alla morte di Bin Laden dell’islamismo politico devono essere considerate dall’Occidente. In tal senso, il "no comment" della diplomazia egiziana e il dissenso espresso da Hamas – che sulla televisione di Hezbollah, al Manar, ha reso onore “ad un eroe islamico” – devono preoccupare, soprattutto dopo il recente accordo di riconciliazione tra Hamas stesso e Fatah. Pochi giorni addietro i militanti salafiti vicini a Bin Laden, proprio nella Striscia di Gaza, avevano ucciso brutalmente Vittorio Arrigoni. Le condoglianze espresse da Hamas per la morte di quello che in teoria molti ritenevano essere un nemico dichiarato del movimento islamico della Striscia devono, perlomeno, far riflettere.

Come suddetto, questi sono solo alcune delle decine di riflessioni su quanto accaduto. Piace terminare esprimendo felicità per la gioia di un popolo, quello americano, che ha avuto finalmente la sua meritata liberazione da chi, quasi dieci anni prima, li aveva precipitati improvvisamente nelle tenebre della morte. L’importante, come dicono i Navy Seal, è non dimenticare che “the only easy day was yesterday…

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