lunedì 28 febbraio 2011

LE "RIVOLUZIONI" IN EGITTO E LIBIA: UN QUADRO DEI POSSIBILI SCENARI FUTURI.

di Daniel Arbib Tiberi

Il Mediterraneo continua a essere in fermento e, nonostante la cacciata di alcuni autocrati al potere, risulta ancora difficile capire come si evolveranno le “rivoluzioni” in corso. Una precisazione va fatta: il termine rivoluzione va usato con estrema cautela, in considerazione del fatto che quanto sta avvenendo, non sta determinando un cambio radicale delle elite al potere. Son due i casi che maggiormente interessano e preoccupano la Comunità Internazionale: l’Egitto e la Libia. In Egitto ormai Mubarak è il passato, ma la sua caduta è stata determinata prevalentemente dal passaggio dei militari con la folla in piazza e, in questo momento, il Governo è proprio in mano all’esercito.

In Libia è in atto una vera e propria guerra civile: Mohammar Gheddafi e la sua famiglia sembrano controllare solamente una piccola roccaforte di Tripoli, ma meglio armate e gerarchicamente organizzati riescono ancora a fermare l’avanzata delle opposizioni. Nonostante ciò, il regime del rais libico sembra arrivato alla fine, se non altro per la decisione delle Nazioni Unite di imporre sul suo regime delle sanzioni internazionali.

La domanda che tutti si pongono, ora, è una sola: cosa accadrà dopo? I Paesi “liberati” diverranno preda dell’estremismo islamico? Difficile dare una risposta univoca e certa. Affrontando il caso egiziano e quello libico, però, è possibile analizzare lo spettro delle opportunità presenti, facendo salvo che – così come le rivolte hanno colto di sorpresa i più – il Mediterraneo rimane una terra di imprevisti ove nulla è certo.

Cominciamo dall’Egitto. In questo le possibilità che si aprono sono tre:


1- L’esercito mantiene il potere e determina l’elezioni di un nuovo leader che, pur non chiamandosi Mubarak, determina una conservazione dello status quo, attraverso una politica di nuova repressione delle opposizioni presenti nel Paese. Onestamente, quest’ opzione appare la meno probabile;

2- L’esercito mantiene un ruolo forte nella società egiziana e passa il potere civile ad un presidente eletto dal popolo liberamente. Il neo Presidente, pur garantendo alcune aperture maggiori, governa tenendo conto di alcuni principi di sicurezza nazionale che l’esercito egiziano pretende siano rispettati. In questo senso, quindi, il trattato di pace tra Israele ed Egitto rimane valido, soprattutto perché i militari egiziani continuano a voler ricevere fondi e armi da Washington. I rapporti diplomatici tra Israele ed Egitto, però, mutando, divenendo simili a quelli che intercorrono in questo periodo tra Israele e Turchia. Ad oggi, per numerosi analisti, questa appare la probabilità su cui scommettere nel medio periodo;

3- Le elezioni portano al potere i Fratelli Mussulmani che impongono al Paese una politica e un regime islamico. L’esercito accetta la decisione del popolo e un nuovo regime si instaura a Il Cairo. In questo caso gli scenari sono aperti: i Fratelli Mussulmani, come tutti i movimenti islamisti, sono spaccati al loro interno tra una ala “di governo” (più moderata) e una maggiormente “movimentista” (più radicale). L’equilibrio tra queste due fazioni determinerebbe, quindi, la scelta tra il modello iraniano e quello turco (magari un po’ più radicale). Nel caso di vittoria dell’ala più moderata, non va escluso che il Trattato di pace con Israele (Camp David) sia rispettato giustificandolo come una “hudna”, ovvero una tregua necessaria con il “nemico sionista”.

Passiamo ora alla Libia. Qui gli scenari sono almeno quattro:


1- Gheddafi perde il potere definitivamente, ma le differenze tra le tribù determinano una nuova guerra civile in Libia. Il Paese diviene una nuova Somalia;

2- Gheddafi mantiene il potere in Tripolitania e la Libia, dopo un accordo, sparisce. Dalle sue ceneri nascono due realtà distinte: la Cirenaica (ricca di petrolio) e la Tripolitania (militarmente più forte);

3- Gheddafi perde il potere a Tripoli e il suo regime cade. La tribù del rais non accetta il nuovo governo libico e comincia una guerra civile che determina migliaia di morti;

4- Il regime di Gheddafi finisce favorito – magari – da un intervento militare internazionale. Il nuovo Governo transitorio a Bengasi estende il suo potere a Tripoli e le tribù eleggono un nuovo Presidente. In questo quadro, pur mantenendo il regime repubblicano, un ruolo politico potrebbe essere riservato anche agli eredi della monarchia senussita.

Difficile dire cosa accadrà. In questo quadro esiste solo una certezza e riguarda la Comunità Internazionale. Le Grandi Potenze non possono, infatti, permettersi una Libia instabile ancora per molto tempo. Sinora, come noto, quanto accade a Tripoli sta influenzando ancora relativamente poco il prezzo del petrolio. Nonostante le speranze dell’Iran e del Venezuela, infatti, gli Stati dispongono ancora di riserve e l’Arabia Saudita si è detta disposta a sopperire alle mancanze derivate dai problemi libici.

Il gioco, però, non potrà durare a lungo: le riserve di Riyad sembrano infatti sovrastimate, il mercato non ama l’instabilità di medio/lungo periodo e il greggio libico - seppur non estremamente rilevante nella percentuale delle esportazioni mondiali - rappresenta un prodotto estremamente raffinato e un asset di primaria importanza per colossi petroliferi come l’ENI. Come si vede, la Libia si inquadra in uno spazio geostrategico di rilevanza mondiale, un fattore che incide molto sulla stabilità e sull’instabilità della regione.

In questo caso, pur non potendo avere indicazioni precise, rimane una forte speranza: resta la speranza che i numerosi diplomatici del regime libico che sono passati con gli insorti aiutino, con la loro esperienza internazionale, il nuovo processo di transizione. Inoltre, resta la speranza che il nuovo regime - qualunque esso sia - mantenga l’interesse a proseguire nel rapporto politico ed economico con l’Occidente. Una relazione che, economicamente parlando, rende tanto all’economia petrolifera mondiale, ma potrebbe continuare a far gola anche a coloro che governeranno la Libia nel prossimo futuro.

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