di Daniel Arbib Tiberi
Il 23 novembre, alle ore 2.30 del mattino, l’artiglieria di Pyongyang ha attaccato l’isola Yeonpyeongo, distante solo 12 chilometri dalla Repubblica comunista ma appartenente a Seoul. I colpi, centinaia, hanno costretto gli abitanti della zona a fuggire, hanno incendiato case e, purtroppo, hanno causato due vittime (due giovani marines sudcoreani). La Corea del Sud, da parte sua, ha immediatamente risposto al fuoco, attaccando il Nord con caccia F-35, sparando circa 80 colpi.
Il Presidente sudcoreano, Lee Myung Bak, ha immediatamente riunito il Gabinetto di Emergenza e sono state avviate tutte le procedure di sicurezza nel Paese. Ovviamente, è stato anche predisposto il salvacondotto per portare il Presidente Bak al sicuro in caso di escalation del conflitto.
La Cina, maggior alleato di Pyongyang, si è detta estremamente preoccupata e ha richiamato le parti alla calma, mentre anche la Russia ha chiesto un intervento della Comunità internazionale.
Quello che rimane da comprendere, ora, è il motivo che ha spinto la Corea del Nord ad attaccare il vicino del Sud. In tal senso va rilevato che:
- In Nord Corea è in atto un processo di transizione dei poteri, un periodo intermedio che vede le gerarchie militari sicuramente in una posizione preponderante. Inoltre si vocifera che, i vertici militari, non sarebbero così soddisfatti delle decisioni prese dal Caro Leader per quanto concerne il futuro politico del Paese;
- L’attacco del Nord al Sud arriva pochi giorni dopo l’annuale esercitazione militare Hoguk di Seul. Circa 70,000 militari sudcoreani sono stati coinvolti nel “drill”;
- Nel marzo scorso la nave corvetta sudcoreana ChonAn è stata sequestrata dai nordcoreani con l’accusa di spionaggio;
- Il 22 novembre, Seoul ha chiesto a Washington di dispiegare ulteriori missili nucleari tattici sul suo territorio. Alla richiesta, gli Stati Uniti non hanno ancora risposto definitivamente;
- L’attacco arriva a pochi giorni dalla notizia di un possibile nuovo impianto di arricchimento dell’uranio in Nord Corea.
In conclusione, quindi, l’attacco potrebbe avere una possibile doppia interpretazione:
1- Potrebbe rientrare nella volontà del regime di accontentare l’ala intransigente dei militari nordcoreani e permettere l’instaurazione al potere di Kim Jong-Un, successore del Caro Leader;
2- Potrebbe rappresentare una crepa all’interno del regime Nordcoreano. Una “cellula militare autonoma o impazzita” che mira, per fini di fazione, a favorire il precipitarsi degli eventi. Questo sarebbe confermato dal recente invio di una delegazione nordcoreana a Seoul per un dialogo di pace mediato dalla Croce Rossa Internazionale. Un segnale distensivo di Pyongyang che contrasta con quanto accaduto ora.
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