mercoledì 29 dicembre 2010

IL SILURAMENTO DI MOTTAKI E LE DIVISIONI INTERNE DEL REGIME IRANIANO

di Daniel Arbib Tiberi

Sotto il peso delle pressioni internazionali, il regime iraniano sta entrando in una fase di acuta crisi interna e di estrema frammentazione. Come noto, la Comunità Internazionale ha chiesto a Teheran – senza successo – di chiarire la sua posizione in merito al programma nucleare. Davanti al doppio gioco del regime islamico, le Nazioni Unite sono state costrette ad approvare una nuova risoluzione internazionale (la numero 1929) che acuisce il sistema sanzionatorio. Numerosi Stati, in seguito, hanno inasprito la Ris. 1929 approvando nuove sanzioni a livello nazionale (su questa linea sono andate l’Amministrazione Obama e la stessa Unione Europea).

I problemi dell’Iran, però, non si fermano alla sfera internazionale: nonostante le difficoltà che sta vivendo il movimento riformista di Mir Hossein Mousavi (la cosiddetta Onda Verde), la politica del Presidente Ahmadinejad sta dividendo in due lo stesso mondo conservatore. La scelta di puntare tutto su un antieconomico programma nucleare – unito ad un programma missilistico militare estremamente costoso – e, di converso, la decisione di tagliare pesantemente i sussidi statali a numerosi beni di prima necessità (tra cui il riso e la benzina), hanno approfondito la disaffezione della popolazione verso l’establishment governativo.

Un’insoddisfazione che, come detto, sta penetrando all’interno del mondo conservatore spaccandolo pesantemente in due tronconi: da una parte il Presidente Ahmadinejad e il suo Capo di Gabinetto Mashaei, dall’altra lo speaker del Parlamento iraniano – il Majlis – Ali Larijani, legato a doppio filo con i clerici della città santa di Qom.

Come noto Ahmadinejad, da parte sua, può contare sull’appoggio dei Pasdaran - le Guardie Rivoluzionarie – che hanno praticamente in mano il programma nucleare e buona parte dell’economia e sul sostegno della Guida Suprema Ali Khamenei, schierato ufficialmente a fianco dell’ex sindaco di Teheran dalle elezioni presidenziali del 2009.

La spaccatura si è resa evidente con la cacciata improvvisa dell’ex Ministro degli Esteri Manouchehr Mottaki, costretto a lasciare la sua carica durante una visita ufficiale in Senegal. Per la prima volta, 290 deputati del Parlamento hanno scritto una lettera pubblica di sostegno all’ex Ministro degli Esteri. Mottaki, inoltre, rappresentava un alleato diretto di Ali Larijani e la decisione di sostituirlo ha immediatamente innescato un meccanismo di “vendetta” da parte della fazione conservatrice opposta: il fratello di Ali Larijani, infatti, è il Capo della Magistratura iraniana e ha da qualche giorno avviato un’indagine nei confronti del Vice Presidente iraniano Mohammad Reza Rahimi, accusandolo di corruzione. Se si aggiunge che, proprio in queste ore, sta circolando la voce di un possibile siluramento del Ministro dell’Intelligence Heydar Moslehi, per dissidi con il Presidente Ahmadinejad, il quadro diventa sempre più nitido.

Ovviamente, al posto dei leader silurati, dovrebbero andare dei fedelissimi di Ahmadinejad e di Mashaei: per il Ministero degli Esteri s’ipotizza la conferma dell’ex Capo dell’Agenzia Atomica Iraniana Salehi (segno della volontà del regime di imporre il nucleare come “first choice”), mentre per il Ministero dell’Intelligence si fa il nome di Hossein Taib, attuale capo del servizio segreto dei Pasdaran.

L’Iran continua nella sua strada di provocazione della Comunità Internazionale e nel suo doppio gioco diplomatico di apertura al dialogo e continuazione di un programma atomico parallelo di cui è difficile sapere tutti i particolari. Nonostante questa tattica, i segni dei numerosi fallimenti delle politiche di Ahmadinejad sembrano ormai evidenti, anche se è impossibile capire quando il regime crollerà sotto il peso delle sue stesse contraddizioni.

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