lunedì 17 maggio 2010

L'ACCORDO SUL NUCLEARE IRANIANO: TANTE DOMANDE E POCHE CERTEZZE...

Daniel Arbib Tiberi


L’Iran, il Brasile e la Turchia hanno raggiunto un accordo in merito all’arricchimento dell’uranio iraniano: Teheran consegnerà il suo uranio arricchito al 2-3% al Brasile e alla Turchia e lo riceverà, in un secondo momento, arricchito al 20%, pronto per essere usato per alimentare le centrali atomiche. Lo scambio di materiale fissile, per quanto è dato sapere, avverrà in territorio turco.
La crisi iraniana è dunque terminata o, perlomeno, sta volgendo al termine? Sebbene i piccoli passi avanti siano innegabili, la risposta non può che essere negativa.



Diversi interrogativi, infatti, rimangono sul tavolo. Di seguito quatto questioni che, ad oggi, restano ancora insolute:

• l’Iran ha pubblicamente dichiarato che, nonostante l’arricchimento esterno al 20%, continuerà ad arricchire uranio al 20% anche in loco;

• l’arricchimento al 20% non garantisce dal rischio che, la Repubblica Islamica, non continuerà a perseguire un ulteriore arricchimento dell’uranio superiore al 20%. Magari con l’obiettivo di raggiungere il 90% e costruire una bomba atomica;

• l’accordo intestatale non garantisce all’Agenzia Atomica Internazionale (AIEA) la possibilità di ispezionare i siti nucleari iraniani liberamente (nonostante Teheran sia uno tra i Paesi firmatari del trattato Npt);

• permane ancora il rischio di produzione di una bomba nucleare al Plutonio.

Cosa ha spinto, quindi, Brasilia e Ankara a questo sforzo diplomatico? Per quanto concerne il Brasile, probabilmente, le ragioni sono tutte nel carattere di Ignazio Lula da Silva: il protagonismo del Presidente brasiliano in scadenza di mandato, infatti, sembra voler essere più una “uscita di scena”, piuttosto che una reale soluzione della crisi iraniana. Con questa attività diplomatica, certamente, Lula conserva il prestigio in patria – favorendo forse una successione morbida – e riesce a togliere la scena al Presidente venezuelano Chavez nel continente latinoamericano. Per quanto concerne la Turchia, il suo ruolo attivo nella crisi, è semplicemente parte integrante della “rivoluzione diplomatica” che Ankara sta mettendo in atto: da nemico storico, l’Iran è ormai divenuto un asse strategico politico-commerciale irrinunciabile.
Insomma, un accordo di sicuro vantaggio politico-economico per i protagonisti che, se coronato da successo, permetterà all’Iran di tirare il fiato per qualche tempo. Peccato che, i problemi attuali, verranno solamente procrastinati. Infatti, se al seguente accordo non ne seguirà uno veramente “internazionale”, ad averci rimesso, ancora una volta, sarà solamente la pace e la sicurezza mondiale.

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