
Numerosi commentatori hanno sottolineato immediatamente come, con il ritorno al potere di Yanukovich – già Primo Ministro negli anni passati – si può dichiarare morta la famosa Rivoluzione Arancione e con lei anche le aspettative di integrazione dell’Ucraina nel contesto occidentale.
Sebbene questa affermazione sia portatrice di non pochi elementi veritieri, è necessario guardare alla possibile (ancora da confermare) vittoria di Yanukovich, in un’ottica più larga e attenta.
La Rivoluzione Arancione, ovvero quel grande moto di piazza che nel 2004 portò al potere Viktor Juščenko, in realtà può essere considerata come un’esperienza finita già da diverso tempo. Infatti, nonostante l’enfasi della partecipazione popolare di quel periodo, le richieste che provenivano dal basso non sono mai state tradotte in una “rivoluzione” del modo di agire della classe politica ucraina (ancora troppo preda degli oligarchi). Il Paese, quindi, è rimasto perennemente in transizione, in bilico fra la voglia di cambiare e un passato che ancora pesa come un macigno.
Tra i tre leader politici forti presenti in Ucraina – Viktor Juščenko, Julia Timoshenko e, appunto, Viktor Yanukovich – solo Yanukovich è stato veramente capace di cambiare parzialmente pelle negli ultimi anni. Personaggio considerato sempre molto vicino al Cremlino e a Putin (tanto che, ancora oggi, non parla correttamente l’ucraino), Yanukovich ha saputo moderare alcune sue posizioni politiche, ottenendo così credibilità anche da una parte dei suoi avversari. Scegliendo di prendere nel suo staff dei consiglieri americani (sta studiando anche l’inglese), approvando l’idea di un ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e garantendo alla Comunità Internazionale che Kiev non entrerà né nella NATO e né nel Trattato di Sicurezza Collettiva, egli è riuscito a garantirsi la giusta credibilità da parte di una opinione pubblica, ormai stanca di affrontare continue crisi sociali, economiche (si vedano le crisi del gas con la Russia) e politiche.
Salvata dal fallimento dal Fondo Monetario Internazionale e da Gazprom, l’Ucraina necessita oggi di una forte dose di stabilità. Un periodo di calma, che permetta al Paese di rilanciarsi e di sfruttare appieno le sue potenzialità. E’ ovvio: se confermata, la vittoria di Yanukovich rappresenterà anche la vittoria di Mosca, capace di attendere pazientemente e di far sentire costantemente la sua ingombrante presenza. Il successo di Yanukovich però, rappresenterà, allo stesso tempo, la risposta a tutti coloro che avevano pensato di poter portare l’Ucraina fuori dall’orbita russa, senza dover pagare nessun prezzo. Viktor Juščenko, ingenuamente, ha creduto davvero che esisteva qualcuno nel panorama internazionale che, in nome dell’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica, sarebbe stato disposto a mandare i suoi carri armati contro Mosca. Si trattava, come la storia ha dimostrato, solo di una grande illusione. Ora, se davvero non si vuole lasciare l’Ucraina allo sbaraglio, è necessario superare i sogni e ritornare alla realtà. Una realtà che, per quanto poco piacevole, non può eludere la presenza della Russia e dei suoi interessi nell’area.
aggiungiamo pure che l'ucraina è stato un bel regalino fatto da Obama a Putin...
RispondiEliminaE' vero Rohi, però bisogna anche essere sinceri e dire che la precedente Presidenza americana ha illuso sia Ucraina che Georgia di potersi liberare facilmente dal giogo russo. Ha illuso questi Paesi soprattutto parlando di un veloce ingresso nella Nato (la Georgia addirittura si è sentita così sicura da entrare in guerra con Mosca). Cose che, ribadisco, non potevano esistere.
RispondiEliminaPoi certo: la Presidenza Obama oggi è estremamente titubante su tanti fronti, est europa compreso.
Daniel