
La momentanea sospensione della vendita del sistema antimissile S-300 da parte della Russia all’Iran, è stata descritta come una vittoria diplomatica dal Primo Ministro israeliano Benjamin Netanuahu, in visita ufficiale lunedì scorso a Mosca. Indubbiamente lo è, ma rappresenta anche una pesante sconfitta delle certezze iraniane. Teheran, infatti, sicuro di un appoggio incondizionato da parte di Mosca, ha imprudentemente deciso di rifiutare la cosiddetta “proposta di Vienna”, ovvero l’ipotesi di esportazione (e successiva reimportazione) dell’uranio iraniano verso centrali russe e francesi per il processo di arricchimento. Al Cremlino, il rifiuto iraniano non è stato preso molto bene, soprattutto perché l’iniziativa diplomatica portava la firma degli stessi Medvedev e Putin.
Non solo: al ritardo dell’accordo militare, la Russia ha aggiunto un severo ammonimento verso Teheran, chiedendole di favorire una maggiore cooperazione internazione. Un messaggio implicito che cela, forse, la disponibilità russa a discutere una nuova risoluzione Onu per aumentare le sanzioni all’Iran. Un progetto in realtà ancora difficile –in considerazione del probabile veto cinese- ma che comunque dimostra chiaramente il sentimento di contrarietà dell’Orso bianco.
Il rapporto confidenziale dell’AIEA, in realtà, non aggiunge nulla di nuovo a quello che è già stato pubblicamente annunciato dalle stesse autorità iraniane. E’ bene ricordare infatti che, proprio recentemente, il Presidente Ahmadinejad ha dichiarato l’intenzione dell’Iran di arricchire l’uranio al 20%, una percentuale che dimostra chiaramente i fini militari e non civili del programma atomico. E’ interessante però notare che, questo stesso rapporto, è stato fatto circolare pochissimo tempo dopo l’entrata in carica del nuovo Direttore dell’AIEA Yukiya Amano, successore di Mohammed El Baradei. Un chiaro segno della volontà dell’Agenzia internazionale di affrontare di petto la questione iraniana. Nel rapporto Yukiya afferma testualmente che “le informazioni di cui dispone l’Agenzia (…) sollevano inquietudini sull’esistenza di potenziali attività segrete passate o presenti dell’Iran legate allo sviluppo di un’arma nucleare per missile”.
Insomma, sembra chiudersi lentamente il cerchio intorno ai veri fini politici dell’Iran che, come evidente, non mirano ad un pacifico sviluppo dell’energia nucleare ma ad un sofisticato programma nucleare di tipo militare (ciò è comprovato anche dal fatto che, buona parte del progetto nucleare iraniano, è in mano alle Guardie Rivoluzionarie).
La strada dell’unità e della fermezza da parte della Comunità Internazionale, sembra quindi l’unica possibile per scongiurare ogni rischio di conflitto nell’area. Alla Cina e alle titubanti monarchie sunnite del Golfo Persico, spetta ora il dovere di fare una chiara scelta di campo.
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