
Molti commentatori hanno visto nel successo cinese una sconfitta della Russia. Questa lettura è determinata dal fatto che, proprio Mosca, lo scorso anno ha firmato con il Turkmenistan due accordi molto importanti in merito al gas. Gazprom, la più famosa compagnia energetica russa, ha firmato un primo accordo con Ashgabat che le garantisce la compravendita del gas locale per i prossimi venti anni (tra l’altro ad un prezzo vantaggioso che varia tra i 225 e i 295 dollari per mille metri cubi di gas) e un secondo accordo che prevede l’impegno di Gazprom nella costruzione di nuove infrastrutture per lo sviluppo del gas del Turkmenistan.
Il gasdotto cinese, che prevede un accordo trentennale tra Cina e Turkmenistan ad un prezzo di 195 dollari per mille metri cubi di gas, sembrerebbe quindi intaccare il monopolio di Mosca nel Paese centro-asiatico.
In molti però hanno dimenticato che, mentre Gazprom nel 2008 si accordava con il Governo turkmeno, Igor Sechin, rappresentate del Primo Ministro russo Valdimir Putin, volava a Pechino e incontrava il vice-Premier Wang Oishan. L’incontro, tenuto segreto per molto tempo alla stampa, era volto proprio a trovare un accordo tra Russia e Cina in merito ad una iniziativa in ambito di energia denominata “meccanismo di negoziazione energetica”. Cosa si siano detti i due rappresentati politici non è dato saperlo, ciò che è apparso chiaro è la volontà di Mosca e Pechino di evitare di farsi una guerra diplomatica per le risorse dell’Asia Centrale.
Mosca, “conquistato” il Turkmenistan attraverso Gazprom, sembra infatti orientata a favorire l’ingresso di potenziali concorrenti (ovviamene solo parzialmente), al fine di arrivare a stipulare una sorta di cartello sulle risorse energetiche di Asghabat e di tutta la regione centrale dell’Asia.
Ovviamente le rinunce di Mosca non sono derivate da atti di gratuita generosità. Oltre ad evitare infatti una competizione difficile con Pechino, il Cremino è riuscito a tagliare fuori dalla corsa al gas turkmeno l’Unione Europea e il progetto del Nabucco. Il Nabucco, almeno sulla carta, è un progetto volto a realizzare un gasdotto che trasporti il gas naturale dalla zona del Caucaso, del Mar Caspio e del Medio Oriente in Europa, attraverso la Turchia e l’Austria. L’obiettivo, sostenuto dagli Stati Uniti, è quello di diversificare le fonti di approvvigionamento europee diminuendo la dipendenza dalla Russia.
Conquistando il Turkmenistan e buona parte dell’Asia Centrale, la Russia praticamente annulla una possibilità di approvvigionamento dell’UE. Per il Nabucco ormai non rimane quindi che la possibilità del Medioriente (considerando anche le difficoltà dell’Ucraina e della Georgia). Questa via, che dovrebbe basarsi principalmente sulle risorse iraniane e irachene, è oggi ostacolata però dalle situazioni di instabilità che caratterizzano sia Teheran che Baghdad. Solo una risoluzione positiva delle crisi che questi due Paesi stanno attraversando permetterebbe al Nabucco una realizzazione in tempi relativamente brevi, e questo al momento non sempre probabile.
Nuovamente quindi le vie della geopolitica passano attraverso le risorse energetiche, delineando uno scenario che vede ancora l’”Orso bianco” deciso a delimitare chiaramente le sfere di influenza. Questo, astutamente, anche a costo di lasciare qualche importante briciola agli avversari.
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