
Aleksandr Lukashenko divenne Presidente della Bielorussia nel 1994, con un programma politico che mirava a combattere la corruzione, ad alzare i salari e a favorire l’integrazione della Bielorussia con la Russia (Minsk, ricordiamolo, dipende a livello economico quasi totalmente da Mosca). Durante la campagna elettorale, Lukashenko attaccò i suoi oppositori promettendo di “cacciarli sull’Himalaya” in caso di vittoria alle elezioni. Non è dato sapere quanti oppositori finirono poi davvero sulla vetta del monte asiatico, quello che è certo è che numerosi ufficiali vennero rimossi dalle loro cariche nei mesi successivi.
Lukashenko improntò il suo Governo su una linea molto intransigente. Nel settembre del 1995, Minsk sparò a delle mongolfiere che partecipavano alla gara “Coupe Gordon Bennett”, accusate di essere entrate in territorio bielorusso senza permesso. Due cittadini americani morirono e altri vennero arrestati (poi rilasciati, previo pagamento di una multa). Nell’estate 1996 quindi, dopo la firma di una petizione che accusava il Presidente di violazione della Costituzione, da parte di 70 (su 110) deputati bielorussi, Lukashenko decise di indire un referendum per allungare il suo mandato da 4 a 7 anni. Il 70,5 % della popolazione votò a suo favore e a poco valsero le proteste dell’UE e degli USA in merito alla regolarità del voto. La vittoria referendaria, permise a Lukashenko di cacciare dal Parlamento ben 89 deputati considerati “sleali”. Per chiudere, sempre durante il primo mandato, nel 1998 la Bielorussia cacciò gli Ambasciatori di Francia, Italia, Germania, Grecia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone, accusandoli di cospirazione contro il Governo.
Il secondo mandato di Lukashenko iniziò nel 2001, con una campagna elettorale contro l’allargamento della NATO ad est e per una unione tra Mosca e Minsk. L’OSCE descrisse la vittoria di Lukashenko, ottenuta contro il rivale Uladzimir Hancaryk, come “non in concordanza con gli standard internazionali per i diritti umani”. Il secondo mandato, servì soprattutto al Presidente bielorusso per indire un referendum per abolire il limite di due mandati presidenziali. Nell’ottobre del 2004, i bielorussi votarono in favore della proposta presidenziale con il 79,4 %. Anche in questo caso, ovviamente, a poco servirono le proteste di OSCE, USA e UE.
Nell’ottobre del 2005 infine, Lukashenko dichiarò di volersi candidare alla Presidenza per la terza volta. Il suo rivale, il liberale Aleksandr Milinkevich, portò in piazza numerosi cittadini favorevoli all’ingresso del Paese nell’Unione Europea e ad una maggiore democraticità interna. I risultati del marzo 2006 detterò però nuovamente ragione a Lukashenko. Milinkevich infatti, nonostante le manifestazioni di piazza, ottenne solamente il 6% dei voti e a nulla valse il ricorso alla Corte Suprema per la verifica di eventuali brogli: Lukashenko venne dichiarato Presidente per la terza volta, nonostante le pressioni in senso contrario dell’Occidente.
Nel 1995 Aleksandr Lukashenko, parlando della Germania nazista, ebbe a dire: “la storia della Germania è una copia della storia della Bielorussia. La Germania fu risollevata dalle rovine grazie a una mano ferma, e non tutto quello che fece quella ben nota figura di Hitler è negativo. L’ordine tedesco si è evoluto nel corso di secoli e sotto Hitler ha raggiunto il suo apogeo”.
Cosa dire, sono parole che si commentano da sole. Aggiungere altro sarebbe davvero superfluo…
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