domenica 20 dicembre 2009

IL FALLIMENTO DI COPENAGHEN E LA MARGINALITA' DELL'UE

di Daniel Arbib Tiberi

E' terminata con un accordo di facciata, volto unicamente alla soddisfazione degli osservatori esterni, la Conferenza di Copenaghen sul clima.
Dopo giorni di discussioni, di pianti e di accuse reciproche, è stato firmato l'accordo raggiunto tra le diplomazie di Stati Uniti, Cina, India, Brasile e Sudafrica che, per non far male a nessuno, prevede unicamente degli impegni estremamente generali.
Nel concreto: nell'accordo è stabilito in modo molto generico l'obiettivo di limitare a 2° C l'innalzamento della temperatura globale, ma non vengono menzionatr le percentuali di gas serra che i vari Paesi si impegnano a tagliare. Anche in questo caso, sempre per non far male a nessuno, solamente in febbraio i vari Stati comunicheranno le riduzioni di gas serra che attueranno a livello nazionale. Nel periodo compreso tra il 2010 e il 2012 poi, per quanto concerne i PVS (ovvero i Paesi in Via di Sviluppo) principalmente gli Stati Uniti (con 3,6 miliardi di dollari), il Giappone (con 11 miliardi di dollari) e l'Unione Europea (con 10,5 miliardi di dollari), si sono impegnati a finanziare lo sviluppo di nuove tecnologie, da trasferire successivamente verso le regioni più povere, per facilitarne l'adattamento ai cambiamenti climatici (il Fondo per aiutare i Paesi più poveri salirà quindi, entro il 2020, a 100 miliardi di dollari).
Considerato il fallimento in ambito climatico, cosa rimane della Conferenza di Copenaghen? Restano principalmente i segnali politici. I veri protagonisti del Vertice sono stati gli Stati Uniti, insieme alle cosiddette economie emergenti (Cina, India, Brasile), ovvero quei Paesi che crescono ormai a livelli altissimi e che saranno tra i principali responsabili, in positivo o in negativo, dei successivi cambiamenti climatici. Un segnale questo che, molto chiaramente, definisce le gerarchie per il futuro, con l'Unione Europea ormai sempre più rilegata ai margini delle relazioni internazionali.
Nonostante il forte impegno assunto pubblicamente da Bruxelles infatti (taglio del 20% delle CO2 entro il 2020), il Vecchio Continente è stato completamente escluso dalla “stanza dei bottoni”. Questa marginalità “coatta”, quasi certamente influenzerà di conseguenza anche gli impegni UE che, probabilmente, andranno gradualmente riducendosi. Mantenere l'obiettivo del 20% del taglio delle CO2 entro i prossimi dieci anni, potrebbe infatti risultare eccessivamente dispendioso per l'Europa, limitandone fortemente la crescita economica (già estremamente bassa). Servirà perciò un grande atto di coerenza e coraggio.
“Analisi Esteri”, con il suo sondaggio, aveva già previsto l'esito della Conferenza di Copenaghen. Con l'88%, i lettori si erano già espressi nettamente per la tesi del raggiungimento di “un vago accordo di principio e niente di più”.
Le speranze degli ambientalisti (e non solo), sono ormai rivolte al Vertice di Città del Messico del 2010. Non ci rimane che sperare, in un sondaggio con un esito migliore...

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