
E’ interessante però riportare brevemente una notizia diffusa ieri dall’agenzia Reuters che, sui media italiani, ha trovato poco risalto.
Senza entrate troppo nel dibattito politico, secondo quanto scritto dall’agenzia di stampa, nel 2009 Israele avrebbe ridotto le spese per la costruzione di nuovi insediamenti. Secondo i dati forniti dalla ricerca infatti, nel periodo che va tra gennaio e settembre del 2009, è stata avviata la costruzione di 972 edifici mentre, nello stesso arco di tempo considerato, nel 2008 erano stati costruiti 2108 edifici, 1491 nel 2007 e 1518 nel 2006.
La statistica è stata pubblicata questa settimana, in corrispondenza dell’annuncio del Primo Ministro israeliano del congelamento di nuove costruzioni nelle colonie per circa dieci mesi. La decisione di Gerusalemme è stata, come suddetto, soprattutto frutto delle pressioni internazionali – Stati Uniti in testa - e sta alimentando numerose polemiche all’interno dell’esecutivo israeliano.
Il congelamento di dieci mesi all’ampliamento e alla costruzione di nuovi insediamenti, va specificato, non contempla quelle zone che Israele considera parte della proprie municipalità. In questa classificazione rientra anche l’area di Gerusalemme Est, annessa totalmente nel 1980 e dichiarata “capitale indivisibile” dello Stato.
La leadership palestinese, da parte sua, ha rifiutato il congelamento parziale dichiarato da Israele e, in questo periodo, fonti non ufficiali fanno sapere che sta lavorando per spingere l’UE al riconoscimento della parte orientale di Gerusalemme come unica capitale possibile del futuro Stato palestinese.
Nelle colonie, va ricordato, vivono circa un milione e mezzo di israeliani, un numero rilevante sul cui futuro l’opinione pubblica israeliana si divide ormai da anni. La questione degli insediamenti e quella di Gerusalememe Est, restano quindi ancora, i nodi principali del dibattito legato al negoziato di pace israelo-palestinese.
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