
Venerdì scorso infatti, un ordigno posizionato sulla linea del Newvskt Expess, un treno che percorre abitualmente la tratta Mosca-San Pietroburgo, è esploso causando almeno 25 morti e ferendo oltre 100 persone.
Per giorni non si è saputo molto in merito alle responsabilità dell’attentato. In un primo momento un gruppo nazionalista russo aveva dichiarato di esserne l’autore, ma la rivendicazione non è parsa molto credibile. Nelle ore successive due uomini provenienti dall’Inguscezia sono stati arrestati e, secondo indiscrezioni, uno di questi avrebbe ammesso le proprie responsabilità. Infine, pochi giorni fa, a rivendicare il “merito” dell’attacco è stato un gruppo ceceno, il “Gruppo Islamico Ceceno”, precisando che l’azione è parte di una strategia di sabotaggio della Russia ordinata dall’emiro del Caucaso, Doku Umarov. Per quanto è dato sapere, Umarov, leader indipendentista ceceno, si è proclamato da solo comandante di tutti i movimenti indipendentisti ceceni ed Emiro.
Come detto, la Russia ha dichiarato finita la guerra in Cecenia e sente di aver sconfitto tutti i grandi nemici che, negli ultimi anni, hanno pesantemente messo a rischio la sua sicurezza interna (basti ricordare il dramma di Beslan del 2004).
Mosca però, secondo gli esperti in materia, pare aver sottovalutato il pericolo preveniente da piccoli gruppi di 3/5 persone che, alle azioni eclatanti, sembrano preferire piccoli – ma dolorosi – sabotaggi. Azioni che, come abbiamo visto, sono in grado di uccidere numerose persone. Lo stesso Newvskt Expess era stato già attaccato nel 2007, quando una bomba simile a quella di venerdì scorso, causò numerosi danni al treno e ferì circa 60 persone.
Andrei Soldatov, direttore del giornale interattivo Agentura.ru – specializzato sulle questioni legale alla sicurezza – in merito all’accaduto ha dichiarato che la Russia sta assistendo ad un nuovo modus operandi del terrorismo, nel quale piccole cellule eseguono atti di sabotaggio. Le forze di sicurezza russe però, militarizzato il problema, sono rimaste incapaci di affrontare le minacce più piccole. Il pericolo maggiore, secondo Soldatov. proviene dalla coalizione delle forze islamiste nel nord del Caucaso, non interessate direttamente da rivendicazioni nazionaliste, ma che si percepiscono comunque in guerra con Mosca.
Vanno riportate infine le parole del Patriarca Kirill. Immediatamente dopo l’attentato, il Patriarca ortodosso ha dichiaro che l’attentato rappresenta una minaccia per tutto il Paese ed è un crimine di cui tutti i russi sono vittime. Queste dichiarazioni hanno in parte permesso di spegnere le tensioni tra la maggioranza cristiana della Russia e l’importante comunità islamica locale.
Per lo Zar Putin e per il suo erede Medvedev, la strada verso la sicurezza dell’”orso bianco” è quindi ancora lunga.
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