lunedì 9 novembre 2009

L'Iran e il nucleare: qualche motivo per preoccuparsi

Ecco tutte le implicazioni della "questione atomica" di Teheran...
di Daniel Arbib Tiberi
Troppi ritengono che la questione del nucleare iraniano si inserisca unicamente all’interno del diritto o meno di un paese di sviluppare un programma nucleare. In questo senso quindi, come per gli altri Stati del mondo, il diritto di Teheran di sviluppare il suo programma nucleare dovrebbe essere un diritto inalienabile. Il problema di questa lettura garantista è la sua incapacità di allargare il raggio d’azione del ragionamento. Infatti, fermiamoci un momento a riflettere e cerchiamo di capire che cosa determinerebbe nella regione mediorientale una nuclearizzazione dell’Iran.
In primis, ovviamente, si acuirebbe la crisi tra Israele e Iran e forse si potrebbe arrivare a una guerra preventiva da parte di Tzahal. Il Governo israeliano, che ufficialmente non ha mai ammesso l’esistenza di un suo programma nucleare, non potrebbe rimanere a guardare davanti al rafforzamento di un paese che, da ex alleato ai tempi della Persia, si è trasformato nel principale nemico internazionale (l’Iran sostiene, per bocca del suo presidente, la distruzione di Israele).
Anche in questo caso, diversi commentatori hanno equiparato il diritto nucleare di Israele con quello dell’Iran. Le situazioni però sono molto diverse: il nucleare israeliano si sviluppa negli anni ’50, ovvero in un periodo in cui Israele doveva confrontarsi con una intera regione ostile e con il successo del nasserismo. Il nucleare iraniano si inquadra invece in un contesto in cui la Repubblica Islamica ha ormai, almeno esternamente, ben pochi nemici (e quelli che aveva, i talebani e Saddam Hussein, sono stati colpiti o eliminati definitivamente negli ultimi dieci anni).
Secondariamente, il programma nucleare iraniano ha una influenza su tutta la regione mediorientale. Nonostante l’asse anomalo Erdogan-Ahmadinejad – un asse che sta mettendo in crisi la special relationship tra Israele e Turchia – alcuni dati rimangono incontrovertibili: l’Iran è un paese sciita fondato su una ideologia rivoluzionaria, mentre i suoi vicini sono, tutti o quasi, sunniti e eredi di monarchie tradizionaliste. La contrapposizione ideologica inoltre, si accompagna a quella economica, in considerazione dell’importanza del Golfo Persico per il mercato del petrolio (si pensi allo Stretto di Hormuz) e alle alleanze commerciali opposte che, ad esempio, Arabia Saudita e Iran coltivano (Riyad con Washington, Teheran con Mosca). A tal proposito non sembra un caso che numerosi paesi arabi sunniti stiano progettando programmi nucleari alternativi.
Il terzo e ultimo aspetto ci riporta nuovamente a Israele, più propriamente al conflitto arabo-israeliano-palestinese (citando Giovanni Codovini). La Marina israeliana ha recentemente intercettato, presso le coste di Cipro, una nave carica di armi destinate a Hezbollah. Armi che, ovviamente, era state direttamente inviate da Teheran. L’Iran è l’alleato fondamentale di Hamas e di Hezbollah, e inoltre mantiene una influenza molto forte sulla Siria, un paese il cui futuro sembra avvolto dall’incertezza. In questo senso quindi, da Teheran dipende la sorte della crisi di Gaza, dell’instabilità libanese e dell’inquietudine siriana. Insomma, il futuro della Regione.
Chiaramente, la tematica nucleare, non ha in Medioriente uno scopo solamente militare. Il petrolio sta raggiungendo il suo picco di estrazione (e i prezzi crescono) e i paesi produttori sono ben coscienti che, finito l’oro nero, la loro forza politica sarà estremamente ridotta. L’Iran poi, in particolare, vive una situazione politica ed economica estremamente instabile. Possiede una grande quantità di risorse naturali ma, ad esempio, è costretto a esportare e importare nuovamente una buona parte del petrolio che consuma, in considerazione della sua scarsa capacità di raffinazione. Se però gli obiettivi di Teheran fossero solo commerciali, certamente, avrebbe potuto sviluppare il suo programma all’interno di un quadro giuridico definito e pubblicamente noto (attraverso la Aiea, ad esempio). Così invece non è stato, e l’arricchimento dell’uranio a cui l’Iran punta è ben sopra quello richiesto per produrre solamente energia.
A margine di tutto questo infine, se proprio non si vogliono considerare gli aspetti geopolitici, si consideri il mero fattore culturale, troppo spesso sottovalutato: con tutti i suoi difetti Israele è una democrazia viva e responsabile, mentre Teheran, nonostante l’indubbia razionalità dei suoi apparati di regime, è un paese governato da un autoritarismo religioso che, attualmente, sta sempre più prendendo la strada della militarizzazione (anzi pasdarizzazione!) e che sta soffocando duramente ogni velleità di libertà politica presente al suo interno.
Francamente, appare attualmente difficile bloccare totalmente il programma nucleare iraniano. Quello che è possibile fare è superare il “complesso della necessità”: è vero che le potenze hanno bisogno dell’Iran per le sue ricchezze energetiche, ma è altrettanto vero che nessuna risorsa ha un valore vero per un produttore se non esiste un compratore. Se il consumatore quindi è interessato, come dovrebbe, a mantenere i suoi interessi senza doversi preoccupare presto di dover risolvere crisi imprevedibili, è bene allora che sappia far valere i suoi diritti immediatamente. Il prezzo dell’inazione potrebbe non essere solo quello del barile del petrolio. 8 novembre 2009

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