Di Daniel Arbib Tiberi
Questo articolo non è certamente un pezzo facile da scrivere. In gioco c’è l’eterno dilemma sul concetto di giustizia nella storia: comprensione e perdono o fermezza e condanna?
La questione è all’ordine del giorno in relazione al caso di Cesare Battisti, ex membro dei “Proletari Armati per il Comunismo” (PAC), condannato in contumacia a quattro ergastoli per quattro omicidi commessi tra il 1978 e il 1979, ed ora al centro dell’attenzione mediatica per una sua possibile (e definitiva) estradizione in Italia.
Dall’ultimo capo di accusa imputato a Cesare Battisti sono passati trent’anni. Era infatti il 1979 e, da quel momento, la vita di Battisti è stata praticamente una fuga costante. Da qui il dilemma che sta dividendo il mondo della politica e della cultura: ha senso punire oggi un uomo che, nel tempo, si è ricostruito una vita privata e pubblica? La risposta è certamente suscettibile di numerose discussioni e, in questa sede, si cercherà di fornirne almeno una.
Cesare Battisti, nato a Sermoneta nel 1954, è stato autore, in età giovanile, di diversi atti di teppismo che gli costarono almeno tre arresti: un primo arresto per rapina a Frascati nel 1972, un secondo arresto nel 1974 per sequestro di persona a Sabaudia e, infine, un terzo arresto nel 1977 sempre per rapina. E’ in questa occasione che, rinchiuso nel carcere di Udine, Battisti entra in contatto con Arrigo Cavallina, ideologo dei PAC, che lo inserisce all’interno della sua organizzazione.
All’interno dei PAC Battisti è attivissimo e, in soli due anni - secondo le accuse - è partecipe o autore materiale di quattro omicidi:
- Nel giugno del 1978, a Udine, ha un ruolo di copertura nell’omicidio del Maresciallo della Polizia Penitenziaria (PP) Antonio Santoro, accusato di maltrattamenti ai detenuti;
- Nel febbraio del 1979, presso Santa Maria di Sala (VE), Battisti fa da copertura armata durante la rapina presso una macelleria. La rapina costerà la vita al macellaio Lino Sabbadin;
- Nel febbraio del 1979, sempre durante un tentativo di rapina, questa volta a Milano, venne ucciso il gioielliere Pierluigi Torregiani. Battisti è accusato di essere l’ideatore e uno degli organizzatori della rapina. Durante la rapina viene colpito anche Alberto Torregiani, figlio di Pierluigi che, da quel momento, sarà costretto per sempre sulla sedia a rotelle;
- Nell’aprile del 1979 infine, sempre a Milano, viene ucciso l’agente della DIGOS Andrea Campagna, accusato di aver contribuito ai primi arresti avvenuti in merito al caso Torregiani. Per questo omicidio, Battisti è accusato di essere l’esecutore materiale.
Questi, in breve, i capi di accusa imputati a Battisti. Arrestato nel 1979, Battisti è riuscito ad evadere in Francia dove, grazie alla “Dottrina Mitterand”, ha passato la maggior parte della sua latitanza (è stato anche in Messico), riuscendo ad evitare due richieste di estradizione (prima nel 1991 e poi nel 2004). In questo periodo, Battisti si è ricreato una vita privata e pubblica, divenendo uno scrittore e raggiungendo una certa notorietà negli ambienti culturali internazionali.
L’arresto avviene improvvisamente nel 2007 in Brasile, precisamente a Copacabana, grazie al lavoro degli agenti dei ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) francesi e italiani. Il resto, come noto, è storia recente: l’Italia che chiede nuovamente l’estradizione di Battisti, le spaccature nel mondo politico e culturale e la recente approvazione dell’estradizione da parte della Corte Costituzionale Brasiliana (ora la parola finale spetta al Presidente brasiliano Lula).
Come si vede quindi, la storia di Battisti è una storia di luci ed ombre: ragazzo scapestrato, pare avvicinarsi al mondo dell’estremismo di sinistra più per definire ideologicamente la sua attitudine all’eversione, che per una vera e propria scelta di “vita da rivoluzionario”. E’ assolutamente vero che, da quando è evaso, Battisti ha cominciato un nuovo percorso, sia umano che culturale. E’ allo stesso tempo vero però che, con la sua impunibilità, Battisti è riuscito a godere di privilegi che, le vittime delle sue azioni, non hanno avuto. La cultura è un qualcosa di stupendo e chi la possiede, davvero, ha in mano una chiave unica per capire il mondo. Allo stesso modo però, la cultura e il mondo della cultura, non hanno il diritto, dall’alto del loro sapere, di voltare le spalle alla “sofferenza ignorante”, ovvero al dolore della povera gente che, senza nemmeno sapere come, ha avuto la vita sconvolta per questioni ideologiche alle quali, non ha scelto volontariamente di partecipare. Solo per fare un esempio concreto, nessuno ridarà mai ad Alberto Torregiani un padre e la possibilità di camminare. La sua sofferenza fisica e il dolore umano non possono davvero essere ignorati dalla storia, come qualcuno desidererebbe.
Rispetto quindi per la nuova vita di Battisti, per i suoi testi letterari e per la sua famiglia, ma non più di questo. Ora basta, “la ricreazione è finita”, è ora di tornare in classe, è ora di fare i conti con la storia.
L’articolo 27 della costituzione italiana afferma che “la responsabilità penale è personale”, aggiunge poi che “le pene devono tendere alla rieducazione”. Responsabilità e rieducazione: due concetti non in contrasto fra loro.
RispondiEliminaNon si tratta di giustizia miope o di legge del taglione. Non credo possa essere l’imputato a scegliere di essere assolto o condannato, né l’eventuale modalità di rieducazione. Credo piuttosto le leggi esistano per regolare il convivere di più persone, di una società composta di individui che possono talvolta commettere atti che vanno a discapito di altri.
Ma Battisti sa vivere con gli altri, è un uomo apprezzato, dicono di cultura. E cos’è la cultura? conoscenza sterile o piuttosto civiltà? La civiltà riguarda i diritti dei cittadini e cultura è quindi avere rispetto degli altri, degli altrui diritti, diritto di scegliere cosa fare come ha fatto lui, diritto di essere vivo. Ma questa libertà si ferma laddove non se ne consoce il limite, che sono gli altri. E lì interviene la legge, per farci vivere bene, uno accanto all’altro.
Andrea Scano
Grazie Andrea per il tuo commento.
RispondiEliminaSempre verde è la frase di John Stuart "la libertà dell'individuo deve essere limitata solo fino a questo punto: che egli non deve rendersi una seccatura per gli altri" (dal saggio "on liberty")
Intendevo ovviamente John Stuart Mill
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