lunedì 19 ottobre 2009

Congo, quel paese che non trova pace - di Daniel Arbib Tiberi

Di guerre mondiali, la nostra storia, ne conosce due/tre (considerando quanti sostengono che anche la Guerra Fredda sia stata un conflitto mondiale). Più senso ha forse l’interpretazione che vede i fallimenti dei trattati di pace della Prima Guerra Mondiale come causa della Seconda, e la fine della Guerra Fredda come il termine dei contenziosi aperti tra il 1939 e il 1945. Tutto ciò però ha poca importanza in questo contesto e serve solo a rimarcare la nostra lettura della storia unicamente nell’ottica Occidentale. Una lettura che lascia completamente sconosciute altre aree del mondo.
Quanti infatti sono a conoscenza di quanto avvenuto negli ultimi anni nella Repubblica democratica del Congo? Quanti sanno che questo paese è stato protagonista di quella che viene chiamata la “ guerra mondiale africana”? Stato appartenuto personalmente al monarca belga Leopoldo II, la Repubblica democratica del Congo (Rdc) – che copre un’area enorme di circa 2.345.410 km² – è praticamente rimasto proprietà di un singolo uomo anche dopo l’indipendenza, dichiarata nel maggio del 1960. Infatti, con la guerra di secessione del Katanga, l’uccisione di Patrice Lumumba nel 1961 e l’arrivo al potere del generale Mobutu nel 1965, l’attuale Rdc è diventata preda di un regime autoritario (totalitario in alcuni momenti), basato su un partito unico – il Movimento popolare della rivoluzione (Mpr) – sui principi dell’africanizzazione – Mobutu cambiò il nome del paese in Zaire e il suo personale in Mobutu Sese Seko Kuku Ngbendu Wa Zabanga ovvero “Mobutu il guerriero che va di vittoria in vittoria senza che alcuno possa fermarlo" – e sul sostegno dell’Occidente (Belgio e Francia in particolare).L’appoggio occidentale al regime repressivo di Mobutu ovviamente non era disinteressato: il territorio infatti è ricchissimo di risorse minerarie – particolarmente il cobalto, il ramo, l’uranio e i diamanti – che facevano gola a numerose potenze. La storia recente della Repubblica democratica del Congo si interseca poi con i tragici fatti del Ruanda. Per farla breve: nel 1994 un milione di Hutu si spostarono verso lo Zaire seguiti, nel 1996, dalle milizie Tutsi del Fronte patriottico ruandese e successivamente dalle truppe regolari ruandesi, miranti ad impossessarsi delle ricchezze del territorio. Per arrivare al suo obiettivo il Ruanda sostenne le milizie dell’“Alleanza delle forze democratiche del Congo-Zaire” guidata da Laurent-Desirè Kabila e appoggiata anche dall’Uganda e dall’Angola. La ribellione delle milizie di Kabila riuscì a conquistare la capitale Kinshasa nel 1997, allontanando Mobutu dal potere (Mobutu morirà poco dopo in Marocco). Kabila si autoproclamò presidente rinominando il paese in Repubblica democratica del Congo.
Le vicissitudini del paese però non terminarono qui anzi: le relazioni tra il nuovo regime e il Ruanda si deteriorano presto e questo determinò una nuova rivolta dei Tutsi. A questo punto la guerra divenne “mondiale”: Ruanda, Uganda si schierarono contro Kabila, mentre Namibia, Ciad, Zimbabwe, Sudan e Angola sostennero il presidente in carica. Il termine mondiale non è improprio visto che, a livello di armamenti, intervennero dall’esterno numerosi paesi quali Stati Uniti, Francia, Cina, Corea del Nord, Georgia, Polonia, altri paesi dell’Europa dell’ex blocco sovietico. Un tentativo di mediazione fatto da Nelson Mandela fallì nel 1999. Quando nel gennaio 2001 Desirè Kabila venne ucciso, il suo posto venne preso dal figlio Joseph.
Solamente nel 2003, sempre grazie alla mediazione del Sud Africa guidato dal Presidente Mbemba, si riuscì ad arrivare ad un accordo che prevedeva la nascita di un governo di “unità nazionale” e la promulgazione di una Costituzione transitoria. Grazie a questo accordo il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha autorizzato l’intervento di una forza multinazionale di pace (missione Monuc), con circa 10.800 caschi blu dispiegati in Ituri, nel nord Kivu e nel Sud Kivu. Gli scontri, soprattutto dopo le elezioni contestate del 2006, proseguono duramente sia nella zone del Kivu (recentemente è stato arrestato il signore della guerra Laurent Nkunda) e nella zona dell’Ituri, dove si scontrano le etnie Lendu e Hema.
A fronte di questi scontri, determinati per lo più da interessi particolari, le vere vittime sono, come al solito, i civili. Oltre 3,5 milioni di morti sinora (circa 500mila uccisi nei combattimenti, circa 3 milioni morti per le carestie provocate dalla guerra). I profughi superano i 3 milioni di persone, in maggioranza purtroppo donne e bambini. I casi di stupri ormai non si contano più ed è diffusissimo il fenomeno dei bambini soldato. È stato calcolato che per ogni due bambini liberati, ben cinque vengono arruolati. Interi orfanotrofi sono stati presi d’assalto e spesso questi “giovani combattenti” sono costretti a uccidere i loro genitori. Un vero e proprio dramma senza fine.

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