
Così è stato: in più di un’ora di conferenza stampa – Nasrallah, ovviamente parlava da una località nascosta – il leader di Hezbollah ha portato le cosiddette “prove” della colpevolezza israeliana nell’omicidio di Rafiq Hariri, l’ex Primo Ministro libanese ucciso nel febbraio del 2005 a Beirut.
Facendo i nomi di almeno sei spie accusate nel corso degli anni di aver passato informazioni ad Israele e mostrando delle scene in cui un aereo drone di Tzahal avrebbe seguito tutti i movimenti di Hariri, il Partito di Dio ha puntato il dito contro Gerusalemme accusandola di aver colpito il Libano nella speranza di mettere gli sciiti e i sunniti l’uno contro l’altro. Alla conferenza stampa di Hassan Nasrallah, per la cronaca, era possibile assistere in diretta attraverso le immagini (e la relativa traduzione in lingua inglese) del canale iraniano Press TV.
Quella che dovrebbe essere la dimostrazione della colpevolezza israeliana genera, invece, una serie di interrogativi a cui Hezbollah non sembra poter o voler rispondere. Partiamo, però, dai fatti, ovvero dalle “prove” esibite da Nasrallah contro Israele. Si tratta, principalmente, di tre tipologie di prove:
1- una serie di omicidi di alcuni dirigenti di Hezbollah che proverebbero le capacità israeliane di colpire all’interno del Libano;
2- un certo numero di spie, arrestate o scoperte nel corso degli anni, che avrebbero raccolto, sin dal 1993, informazioni su Rafiq Hariri;
3- diverse immagini video, prese come detto dalle riprese di un drone israeliano, che testimonierebbero l’opera certosina di analisi dei movimenti di Hariri da parte di Gerusalemme.
Queste “prove”, però, favoriscono una serie di interrogativi:
1- il fatto che Israele detenga, per ovvie ragioni di autodifesa, una capacità di intervento in Libano, non significa automaticamente che sia coinvolta in ogni attentato compiuto nel Paese dei Cedri. Come noto, infatti, il Libano è terra di fazioni e in ogni omicidio i colpevoli potrebbero essere diversi;
2- anche il discorso delle spie non rappresenta una prova: appare chiaro a tutti che lo spionaggio è una parte fondamentale dell’intelligence. La raccolta di informazioni su un Paese o un’organizzazione nemica è al centro di ogni politica di sicurezza nazionale. D’altro canto, come recentemente provato, anche Hezbollah mantiene le sue spie nei villaggi arabi a nord di Israele. Nel 1993, proprio una supposta spia israeliana, ha avvertito Rafiq Hariri che Hezbollah pianificava il suo omicidio. Il video della spia Ahmad Nasrallah che confessa di “aver mentito avvertendo Hariri del complotto di Hezbollah”, appare creato ad arte dopo l’arresto e la confessione estorta con la forza allo stesso Ahmad. Il metodo, d’altronde, è lo stesso usato recentemente in Iran per costringere Abdolomajid Rigi, leader del movimento di opposizione Jundullah, a testimoniare i suoi supposti legami con Pakistan, Inghilterra e Stati Uniti (Rigi, per la cronaca, nonostante la “confessione” e il pentimento è stato poi impiccato);
3- sulle stesse immagini video, prodotte in un tempo brevissimo, si pongono numerosi interrogativi: come avrebbe fatto Hezbollah a procurarsi le riprese video di un drone israeliano? Chi le avrebbe fornite? Il gruppo sostiene di aver intercettato le trasmissioni aeree dei droni israeliani sin dal 1997. Questa affermazione appare poco credibile: se Hezbollah avesse davvero intercettato le trasmissioni radar di un UAV israeliano certamente le avrebbe sfruttate a suo vantaggio e, indubbiamente, Israele avrebbe prima o poi notato l’anomalia. Forse non è un caso che, davanti ad una specifica domanda sulla fonte delle informazioni, Nasrallah abbia glissato sostenendo di non poter rispondere. Il quesito allora sorge spontaneo: che si tratti di immagini prodotte ad arte? Le riprese dal satellite, infatti, sono facilmente producibili (lo stesso satellite che trasmette il canale di Hezbollah potrebbe farlo). Ricostruire il percorso delle auto di Rafiq Hariri, poi, è altrettanto semplice (basta seguire due/tre macchine che ripercorrono la strada fatta dallo stesso Hariri nel 2005) . Le cartine mostrate, infine, sono recuperabili senza alcuna difficoltà da internet (basta un programma come Google Earth per farlo).
Gli interrogativi, infine, diventano seri dubbi quando si scopre che:
- Nasrallah non ha intenzione di “offrire” le sue prove schiaccianti al Tribunale Internazionale di cui afferma di “non fidarsi”;
- ad un certo punto della conferenza stampa, Nasrallah ammette di non poter dare la certezza al 100% della colpevolezza di Israele. Quelle portate da Hezbollah, infatti, sarebbero solamente le prove delle potenziali capacità di Israele di colpire in Libano.
E, allora, quale conclusione è possibile trarre dalla conferenza stampa di Nasrallah? La conclusione è una sola: il movimento sciita, su probabile suggerimento di Teheran, ha prodotto una messa in scena, creata ad arte, per il pubblico libanese e i media arabi. Hezbollah, scaricando la colpa su Israele (un gioco facile da fare) sta cercando di lanciare un messaggio al Governo libanese, in attesa delle conclusioni del Tribunale Internazionale. Il messaggio al Premier libanese Saad Hariri (figlio di Rafiq) è il seguente: “accettate la tesi di Israele colpevole e non cercate di arrestare nessun membro di Hezbollah. In cambio Hezbollah garantisce la stabilità dell’esecutivo. In caso contrario, ovviamente, il Libano ritornerà nel caos”.
Un caos che, oggi, nel Paese dei Cedri non vogliono né la Siria, né l’Arabia Saudita, né lo stesso Saad Hariri. Saad Hariri che, da parte sua, non sembra voler spingere troppo in direzioni diverse da quelle imposte dal movimento sciita, anche a costo di non vedere mai puniti gli assassini di suo padre.
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