
Passato lo “stupore” è utile analizzare le ragioni che hanno spinto Cameron ad un “endorsement” così esplicito. Per questo, di seguito, verranno descritte - per punti - le principali motivazioni:
- da sempre il ruolo della Gran Bretagna nell’Unione Europea è particolare. Mai pienamente convinta, Londra ha aderito alla Comunità Europea soprattutto su esplicita richiesta della Casa Bianca che, in tal modo, mirava a controllare il processo di integrazione del Vecchio Continente. La logica di oggi, sebbene parzialmente modificata, sembra essere la stessa: all’intervista del Presidente americano Barak Obama a favore dell’integrazione europea di Ankara, gli inglesi hanno risposto facendosi ambasciatori di tale proposta transoceanica;
- Londra è perfettamente cosciente della posizione contraria di Parigi e Berlino all’ingresso di Ankara nell’UE. L’esplicita dichiarazione di Cameron obbliga, quindi, ancora una volta i leaders europei a rispondere pubblicamente con dichiarazioni negative. Questa situazione pone, perciò, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti in una posizione diplomatica più forte rafforzando, indirettamente, il ruolo dell’Alleanza Atlantica a scapito della stessa Unione Europea;
- l’obiettivo principale di Londra e Washington rimane quello di tenere la Turchia ben legata alla NATO. Questo obiettivo - oggi più difficile in considerazione della nuova politica estera del Governo Erdogan - deve essere raggiunto anche a costo di “giustificare” le scelte neo-ottomane dell’esecutivo di Ankara (da qui le dure parole di Cameron sul blocco Gaza);
- la Turchia è un perno centrale della geopolitica contemporanea, soprattutto per quanto concerne la questione energetica. “Non perdere la Turchia”, come ha dichiarato il Presidente Obama, significa soprattutto per Washington tenere la regione del Mar Nero - con tutte le sue implicazioni geopolitiche ed economiche. La Turchia, anche se ormai la Guerra Fredda è finita, rappresenta sempre un Paese importante nella fascia di contenimento della potenza marittima nei confronti dell’avversario che occupa l’Heartland (ovvero la Russia, potenza continentale per eccellenza). Il futuro geopolitico tra Stati Uniti e Russia, infatti, si continua a giocare tutto nella cosiddetta “Inner Crescent”, ovvero la “mezzaluna interna”, ove la potenza marittima e quella continentale tendono a competere perennemente (quest’area comprende regioni quali: l’eurasia e l’Europa Occidentale, il Vicino e Medio Oriente e l’Asia Meridionale).
- per David Cameron, sposare la politica di Obama sulla Turchia, significa anche riuscire a far uscire il suo Paese dall’imbarazzo che sta vivendo per quanto successo con la catastrofe ambientale nel Golfo del Messico. Negli Stati Uniti, la britannica BP ha perso ormai credibilità – fattore che ha determinato il ricambio al vertice della società inglese con la nomina a nuovo CEO di Bob Dudley – e Londra sta cercando di “sponsorizzare” la sua maggiore compagnia petrolifera nell’area del Mediterraneo e del Mar Nero (da qui i possibili accordi con la Turchia o con la Libia).
Come si vede, quindi, c’è poco da rimanere a bocca aperta. Come sempre, anche le scelte del nuovo governo inglese (conservative e liberal), rientrano nelle classiche ragioni geopolitiche che, inevitabilmente, influenzano le scelte di qualsiasi esecutivo. Piuttosto – come evidenziato da ambienti del Foreign Office a Londra – la scelta di Cameron di non controbilanciare le critiche ad Israele con quelle ad Hamas, rischia di far perdere credibilità a Downing Street. Una scelta – secondo indiscrezioni – criticata anche dalla Casa Bianca.
Nessun commento:
Posta un commento