
L'equazione però non può essere cosi diretta e facilmente risolvibile. Uno Stato è certamente anche un tabulato di conti con uscite ed entrate, ma è soprattutto il simbolo centrale di una collettività umana. Allora forse, se proprio è necessario fare delle comparazioni, sarebbe molto meglio paragonare uno Stato ad una famiglia, con tutti i suoi problemi. Va subito precisato che, questo ragionamento, parte dal presupposto di un rifiuto categorico dello Stato come un “buon padre”. Questa concezione, propria di diverse ideologie del passato, ha infatti unicamente prodotto drammi e enormi tragedie. L’immagine della famiglia, serve unicamente a umanizzare una entità troppe volte percepita solamente come una enorme macchina burocratica. In un famiglia, perciò, si litiga e, a volte, ci si trova costretti a pagare numerosi conti che, nei casi peggiori, possono mandare in crisi l'unità stessa della famiglia. Se, quindi, con estrema difficoltà possiamo accettare passivamente il fallimento di una impresa, pensare di fare lo stesso con una famiglia risulta assolutamente inaccettabile.
Per questo, al contrario di quello che qualcuno sostiene, non è concepibile veder fallire passivamente la Grecia. Lo Stato greco ha mentito, ha falsificato i conti e, indubbiamente, ha preso in giro l'intera Unione Europea. Il prezzo della vendetta però, come tutti sappiamo, non ricadrebbe sui colpevoli (i politici, diversi dirigenti bancari e alcuni burocrati europei), ma sulla popolazione greca, già duramente colpita dalla situazione economica. Numerosi posti di lavoro sono andati perduti e tanti altri, purtroppo, sono a rischio. Con loro anche la serenità di tante unioni famigliari.
Ha senso quindi sacrificarci per salvare la Grecia? Anche se razionalmente potrebbe essere criticata, la risposta è certamente positiva. Ha senso salvare la Grecia perché farlo significherebbe soprattutto salvare quel poco di umanesimo che, forse, è rimasto nella nostra società.
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