martedì 9 marzo 2010

ISRAELE E L'ONU:UNA STORIA MENO POPOLARE

di Daniel Arbib Tiberi


L’arrivo di Joe Biden in Israele ha fatto subito discutere. Oltre alla problematica questione degli insediamenti, il vicepresidente americano, si è trovato immediatamente davanti ad una richiesta chiara e, apparentemente estrema, da parte del Presidente israeliano Shimon Peres: espellere l’Iran dalle Nazioni Unite. La richiesta, ovviamente, ha colto di sorpresa Biden e sta facendo discutere l’opinione pubblica internazionale.



In Italia, ad esempio, una breve lettura dei commenti dati dai lettori alla notizia, evidenzia immediatamente la critica più comune: come può Israele, Stato condannato numerose volte da risoluzioni ONU, avanzare una pretesa del genere?
La domanda è lecita e, teoricamente, questa sembrerebbe essere una posizione inattaccabile. Ormai, infatti, evidenziare il fatto che su Israele pendano ben 72 risoluzioni di condanna, è diventato un “live motive” molto comune.
La realtà, però, è più complessa e lascia trasparire una verità difficile da accettare. Sebbene lo Stato di Israele sia stato l’unico Stato nato per decisione delle Nazioni Unite (risoluzione 148), nei sessant’anni successivi, a Gerusalemme è stato riservato un trattamento “particolare”.
Per tutto questi tempo, all’interno di un’organizzazione fondata sull’uguaglianza dei membri, Israele è stata praticamente esclusa da tutti i gruppi regionali, dai Comitati e dalle Commissioni. Una decisione, questa, che ha impedito ad Israele di poter entrare a far parte di organi come il Consiglio di Sicurezza o la Commissione per i Diritti umani (che, tanto per la cronaca, è stata presieduta persino dalla Libia di Gheddafi…).
Nel 1975 le Nazioni Unite approvarono poi la risoluzione 3379 che equiparava il sionismo, l’ideologia fondatrice dello Stato di Israele, al razzismo. La 3379 racchiude in sé tutte le contraddizioni del rapporto tra l’Onu e Israele: lo stesso Palazzo di Vetro che, nel 1948, aveva dato legittimità al sionismo concedendo ai suoi sostenitori una Terra, decideva di condannarne ora la le aspirazioni. Un vero capolavoro di insensatezza diplomatica.
Infine, va ricordato che, soltanto nel 2005 le Nazioni Unite hanno onorato la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz (solo 150 Paesi su 191 però aderirono alla giornata di ricordo) e che, ancora oggi, ben ventitré Stati appartenenti dell'Onu non riconoscono l’esistenza di Israele.
Come dimostrato, quindi, chiarito il fatto che anche Israele commette errori, il concetto di condanna dell’Onu andrebbe davvero preso con le pinze.
Entrano nel merito dell’ipotesi di espulsione dell’Iran dalle Nazioni Unite, è ovvio che la richiesta del Presidente israeliano Shimon Peres, sia soprattutto un provocazione. La voglia di far discutere, però, non deve far credere che tale pretesa sia priva di un fondamento giuridico.
Se, infatti, scorriamo lo Statuto delle Nazioni Unite, possiamo leggere due articoli che, molto chiaramente, evidenziano le attuali violazioni di Teheran: - l’articolo 1 comma 2 (tra i fini dell’Onu c’è quello di “sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’auto-decisione dei popoli, e prendere altre misure atte a rafforzare la pace universale”); - l’articolo 2 comma 4 ( “I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite”).
Come si vede, quindi, le continue invocazioni del regime iraniano alla distruzione di Israele, potrebbero legittimare una decisione di sospensione momentanea o di espulsione definitivamente della Repubblica Islamica dalle Nazioni Unite.
Chiaramente, ad oggi, gli Stati Uniti stessi non appoggerebbero una scelta simile. La discussione, però, può divenire l’occasione per raccontare una storia diversa, certamente meno “popolare” ma, forse, un po’ più vera.

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