
I rapporti però, con il passare del tempo, sono andati costantemente deteriorandosi. Arshad è stato accusato di furto e ha subito pressioni per convertirsi all’Islam. Alla fine, esausto, il giovane autista, ha deciso di togliersi la vita bruciandosi vivo. Al male però non c’è davvero fine: sua moglie Martha Bibi, impiegata anche lei presso la ricca famiglia mussulmana, ha subito una violenza sessuale nella caserma dove si era recata per denunciare quanto stava accadendo. La violenza, come se non bastasse, è stata perpetrata ai danni di Martha davanti ai suoi tre figli (di età compresa tra i 7 e i 12 anni).
Questa storia vergognosa non è che l’ultima goccia di un vaso ormai colmo di dolore. Da circa dieci anni ormai le associazioni cristiane, denunciano con forza quanto accade quotidianamente in Pakistan. La persecuzione vero le minoranze, in questo caso particolarmente nei confronti dei cristiani, avvengono spesso “grazie” all’articolo 295, commi b e c, del Codice Penale pakistano: questo articolo, infatti, prevede la pena di morte per tutti coloro che vengono accusati di offesa all’Islam. Nel 1998, in segno di protesta per quanto accaduto ad un cristiano rapito e torturato da militanti islamici, il Vescovo John Joseph si è tolto la vita.
Ritornando agli accadimenti recenti, va ricordato che, nell’agosto del 2009, la Comunità cristiana del Pakistan aveva deciso di chiudere tutte le scuole e le università per tre giorni, in segno di lutto per l’assassinio brutale di otto persone, tra cui quattro donne ed un bambino di 7 anni, avvenuto nella città di Gojra nella Provincia del Punjab. All’epoca, tutta la Comunità Internazionale si dichiarò sdegnata per l’accaduto e chiese un intervento forte del Governo pakistano. Un intervento che, a quanto pare, ancora non ha sortito nessun effetto.
La gravità della situazione, infine, è stata denunciata anche dalla stessa Commissione “Giustizia e Pace” di Lahore, che ha evidenziato la crescita delle conversioni forzate e l’islamizzazione fondamentalista dei libri di testo.
Insomma, una situazione davvero tragica davanti alla quale le grandi potenze e le Nazioni Unite, però, sembrano esitare. Evidentemente, come al solito, sono troppo impegnate a denunciare altri Paesi asiatici ove, nonostante i gravi problemi, il concetto di vita rappresenta ancora un valore centrale. A buon intenditor, poche parole…
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